VIAGGIO A
VERCELLI
Vercelli,
terre d'acqua
In principio era il caos... no, ma quasi. Duemila e cinquecento anni fa una distesa di foreste a perdita d'occhio, in parte umide, e
di paludi create dalle esondazioni dei fiumi che ogni volta mutavano il loro
corso, abbandonavano i letti precedenti per crearsi una nuova strada, lasciando
a ricordo dell'alveo precedente
le lame, rami morti
alimentati dalla trasudazione delle sorgenti e delle falde superficiali. Verso
sud, vicino a dove sorge ora la città di Trino, bassi colli boscosi che
conservavano tracce della vegetazione scesa qualche migliaio di anni prima dalle
Alpi per sfuggire alle grandi glaciazioni...
Qualche secolo prima di Cristo dal di la delle Alpi
cominciarono a giungere le tribù di un popolo vagabondo, i Celti, che dalle
steppe dell'Europa orientale si erano in precedenza spostate attraverso la
Germania verso l'attuale Francia e Svizzera, ed a Oriente verso i confini
dell'Impero Ellenistico di Alessandro Magno. Popolo rude abituato ai rigori del
clima del centro Europa ed alla povertà delle risorse che offriva il Nord, era
attratto verso il Sud dal fascino esercitato dalle sue ricchezze: non tanto
l'oro e i gioielli (che trovavano anche a casa loro o potevano depredare ad
altre popolazioni), ma soprattutto il sole, il vino e le belle donne. Per questo
motivo cominciarono a scendere dapprima alla spicciolata, fondarono grossi
villaggi tra cui anche Vercelli, certamente sulla sede di uno stanziamento di
popolazioni precedenti, e successivamente con eserciti più organizzati si
spinsero sempre più a Sud, verso l'attuale Emilia, la Romagna, fino a Roma. I
Celti, una volta stabilitisi (ed adattatisi benone) nella nostra pianura, non si
preoccuparono più di tanto di rovinarne l'ambiente.
A questo cominciarono a pensarci un po' più tardi i Romani,
che dopo aver respinto appunto i Celti che avevano attaccato Roma, poco a poco
aggredito e sottomesso tutte le popolazioni confinanti ed in particolare
travolto la straordinaria civiltà delle città-stato etrusche, si affacciarono
finalmente sulla Pianura Padana. Per ricompensare senza eccessivo dispendio
economico le truppe che avevano combattuto in queste guerre di espansione
pensarono di assegnare ai militi le terre conquistate, in qualità di colonie;
iniziarono così a creare dei nuovi terreni coltivabili a spesa dei boschi,
delimitandone i confini con le centuriazioni.
Il tutto comportò comunque un relativamente modesto disturbo
nei confronti dell'ambiente naturale, tanto più che al momento dell'implosione
dell'Impero le campagne tornarono a spopolarsi e rinselvatichirsi. Neppure
i barbari conquistatori, nemmeno i Longobardi quando si integrarono alla civiltà
romana dopo averne definitivamente eliminato le istituzioni, si curarono più di
tanto di riavviare lo sfruttamento agricolo della pianura vercellese,
compresa tra i fiumi Dora, Po e Sesia. Per questo si dovrà attendere qualche
secolo, finchè intervengano gli ordini monastici, i frati benedettini, etc....
Il riso venne introdotto nel millecinquecento. Per qualche
secolo il tutto si limitò a una timida agricoltura estensiva, in lotta contro le
paludi, le alluvioni, la miseria, le scorrerie e le devastazioni degli eserciti,
finchè alla metà dell'ottocento le grandi opere di regimazione delle acque a
fine di irrigazione culminate con la realizzazione del Canale Cavour ed il
progresso della tecnologia agraria consentirono lo sviluppo l'attuale
agricoltura incentrata soprattutto sulla monocultura risicola.
L'ambiente delle risaie sostituisce oggi l'antico paesaggio
di paludi ed offre nonostante tutto un habitat adatto alla vita degli animali
(soprattutto uccelli, oltre ad anfibi rettili ed insetti) che le popolavano.
Molto ridotti sono ormai invece
gli ambienti boscosi e le coltivazioni su terreno asciutto un tempo assai più
estese e non meno ricche di vita animale e vegetale.